
Corriere della Sera: La Fabbrica di cioccolato? Esiste ed è alle porte di Pisa. Noalya e la ricerca al cioccolato «perfetto»
Viaggio dentro Noalya, l’azienda di Alessio Tessieri: l’acquisto di piantagioni in Venezuela e il recupero di cultivar unici al mondo, i brevetti tecnologici e il controllo della qualità
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La Fabbrica di cioccolato? Esiste ed è alle porte di Pisa. Noalya e la ricerca al cioccolato «perfetto»
Viaggio dentro Noalya, l’azienda di Alessio Tessieri: l’acquisto di piantagioni in Venezuela e il recupero di cultivar unici al mondo, i brevetti tecnologici e il controllo della qualità.
La fabbrica di cioccolato? Si trova a Ponsacco, nella provincia pisana, nel cuore di quello che è stato un florido distretto del mobile. Si chiama Noalya e a crearla è stato Alessio Tessieri, già proprietario dal 1990, insieme alla sorella Cecilia Tessieri Rabassi, della Amedei a Pontedera (poi ceduta al fondo Octopus e infine acquisita da Ferrarelle).
Tessieri ha intrapreso il suo nuovo progetto nel mondo del cioccolato nel 2015 puntando tutto sulla qualità e sul controllo totale della filiera, dalla piantagione alla goccia di cioccolato ricavata per fusione ad uso della pasticceria professionale.
Una nicchia speciale in un mercato dominato da pochi colossi globali
Parallelamente (e accanto alla fabbrica), Tessieri ha avviato Scuola Tessieri, un'istituzione dedicata all'alta formazione in cucina e pasticceria. «Abbiamo progettato Noalya nel 2015 ma dal 1987 mi occupo di cioccolato e cacao», dice Tessieri mentre cammina attraverso i corridoi del capannone: un ambiente asettico, che somiglia a una sala operatoria, dove è vietato fare foto. Le macchine che tostano le fave di cacao e poi colano il cioccolato sono brevetti da proteggere, frutto di una ricerca attenta e personale durata trent’anni.
Ogni anno l’azienda produce 120 tonnellate di cioccolato: una goccia in un mare dominato da poche multinazionali colossali. Le principali sono Ferrero International SA, Mars Incorporated, Mondel?z International Inc., Nestlé SA e The Hershey Company e si spartiscono un mercato globale da 114.17 miliardi di dollari nel 2025 che cresce a un Cagr (il «Compounded Average Growth Rate», che rappresenta la crescita percentuale media dei ricavi del settore) del 4,95% per raggiungere i 145.33 miliardi di dollari entro il 2030.
Le coltivazioni sostenibili e di proprietà in Venezuela
Ma con le multinazionali Noalya ha poco a che spartire e quasi opera da outsider in una nicchia particolarissima. «Il mio punto di partenza – dice Tessieri - è stato quello di acquistare una piantagione in Venezuela, che è il Paese dove si trova il miglior cacao del mondo. Sono dovuto entrare in quel mondo distante ed esotico: la prima volta che ho raccontato la mia idea a un ministro venezuelano, mi ha lasciato parlare e poi mi ha detto solo: buona fortuna». Ma è stato un percorso necessario, perché, continua Tessieri, «il Venezuela è un paese di grande biodiversità che mi ha consentito di recuperare varietà pregiate. Oggi dalla nostra piantagione arrivano il cacao Criollo Meridiano, il Guasare e il Porcelana, il cacao bianco che sa naturalmente di gianduia. Le altre specie di fave di cacao le andiamo a cercare in tutto il mondo: Colombia, Trinidad, Ecuador fino alla Tanzania, al Madagascar e il Vietnam. L’ultima varietà, il Mexico, la stiamo presentando in questi giorni al mercato».
In tutto le varietà di cacao usate da Tessieri sono 13, autoctone e con enorme diversità genetica, per dare vita ad altrettanti cioccolati unici al mondo, prodotti direttamente dai semi. «I terreni su cui coltiviamo i semi erano adibiti a pascolo – continua il manager – tutto è sempre stato fatto nel rispetto della sostenibilità ambientale e sociale: delle terre meravigliose da cui ci riforniamo e dei campesinos. Paghiamo il cacao molto di più rispetto ai prezzi di mercato, e negli ultimi due anni il prezzo è quadruplicato. Grazie alle ottime relazioni costruite, riusciamo ancora a ottenere ottimo cacao».
Le macchine brevettate (e supersegrete) per la tostatura gentile
Per restare in piedi una piccola azienda come Noalya non può che usare una strategia di questo tipo: concentrandosi su cooperative di agricoltori e anticipando i tempi, anche quelli normativi. «Un regolamento europeo che entra in vigore nel 2026 impone che caffè, cotone, pelle, legname e cacao potranno entrare nel Continente solo se si prova che il terreno non è stato deforestato negli ultimi 5 anni».
Ottenuta la materia prima perfetta, è stato poi necessario affinare il processo di fermentazione ed essicazione che venivano effettuati in buche scavate nel terreno e coperte da foglie di banano.
«La fermentazione oggi avviene in casse di legno, i semi poi vanno puliti. Il cacao arriva in sacchi che vanno sanificati e poi inizia la lavorazione dei semi: li tostiamo in macchine antiche di 70 anni, ristrutturate in due anni e mezzo, acquistate in Svizzera e Germania. La tostatura è gentile, con aria calda, e dà a ogni cacao il punto di cottura perfetto. In questo modo eliminiamo la quota di umidità per attivare la reazione di Maillard, che permette al seme di esprimersi al meglio. E attenzione: il cacao non è amaro per sua natura, lo è quello di bassa qualità che usa l'industria, sovratoastato per cancellare gli aromi sgradevoli».
L’ultima fase della lavorazione e il controllo totale della qualità
Dopo la tostatura i semi vengono sbucciati meccanicamente con una macchina diversa e le granelle di cacao vengono portate in produzione per essere usate come materie prime. «A proposito di economia circolare – precisa Tessieri - le bucce le vendiamo nella florovivaistica o come mangime. Alla fine della fase di essiccazione rimane ancora un ultimo 1,5% di umidità che viene eliminata con il concaggio, in altre macchine brevettate. L’ultima fase è la colatura: tutto questo lavoro è frutto di 30 anni di ricerca». Accanto alla linea del cacao c’è quella della tostatura della frutta secca, che avviene a fiamma diretta: in questo caso le materie prime vengono acquistate prevalentemente in Italia: la nocciola tonda gentile di Piemonte e quella di Giffoni, le mandorle in Sicilia, così come il pistacchio, prelevato anche da Grecia, Spagna, Turchia e Iran.
Tornando al cacao, «la fase finale del processo è la colatura – spiega Tessieri – il cioccolato concato liquido entra nella linea con una temperatura tra 40 e 50 gradi, e viene temperato: ovvero compie un percorso di abbassamento della temperatura e arriva a cristallizzarsi per essere colato in gocce che vengono raffreddate passando in una linea di 20 metri».
Le gocce e le barre fino a un chilo vengono destinate alla pasticceria professionale, al mercato consumer tavolette di cioccolato bianco, al latte (fino al 41% di cacao) e fondente (percentuale massima all'85%), oltre a creme spalmabili e confetti con la frutta secca: 22 monorigini e 16 cru. «Al momento abbiamo pochi punti vendita. La nostra strategia di marketing è limitata all'Italia. Poi punteremo all'Europa».
Per il momento, una cosa è certa: la fabbrica di cioccolato di Tessieri ha restituito valore artigianale a quella che è comunque una tradizione industriale dell’area in cui insiste, in un triangolo tra Pisa, Pistoia e Pato, anche noto come la Tuscan chocolate valley.